lunes, 17 de noviembre de 2008

La matita di Armodio e la libertà dalla definizione artistica

In un periodo artistico nel quale vanno per la maggiore le “correnti” ed i “gruppi”, Armodio dà l’idea di snobbare i suoi colleghi indaffaratissimi a “definirsi” in una affannosa ricerca d’immagine stilistica che non trova riscontro in nessuna delle tantissime “nuove figurazioni” che si intrecciano alle volte, con l’incomprensibile, per renderlo comprensibile successivamente con l’elaborazione di teorie che hanno la deludente logica didascalica per rendere comprensibile anche il vuoto mentale, che, per un artista corrisponde tragicamente ad un momento di crisi d’ispirazione.
Oggi, Armodio espone le sue opere presso la Galleria d’Arte Giuseppe Alcamo di Palermo. Le opere che illustrano l’elegante catalogo curato nella impostazione grafica da Marcello Palminteri, pur percorrendo un considerevole lasso di tempo, rispecchiano fedelmente e coerentemente l’idea artistica di Armodio.
Tutte le sue opere eseguite a matita, rappresentano una realtà che è forma, è apparenza, ma sfugge alla comprensione di un figurativo che si “dissolve” in un intimo surreale, dove l’atmosfera che circonda i vari soggetti come un’aurea misteriosa sottolinea, ma contemporaneamente insinua nella mente la possibilità dell’esistenza di un mistero, un segreto che Armodio non svela, non per irritante sfida, ma per pudicizia di pensieri e sentimenti la cui comprensione è demandata al prossimo, vera e falsa che sia.
Le opere di Armodio hanno un non so che di sapore antico, una caratteristica uniforme negli anni, ma che non pecca di ripetitivo, è un racconto vario come se questo raffinatissimo artista, ad imitazione dei viaggiatori del “Grand Tour” di fine XIX sec., vagasse con un taccuino ed una matita realizzando i particolari degli oggetti incontrati, pochi tratti che delineano la centralità di un insieme che, certamente, esiste ma che per Armodio non è indispensabile rispetto al particolare, lui e solo lui meritevole d’essere rappresentato.
Oggetti comuni, per lo più, di uso domestico, cuccume di varia foggia e con inseriti particolari estranei al soggetto rappresentato, ma che nella loro invadenza contengono quel “particolare strano” che tipizza l’oggetto privandolo di un anonimato banale.
Stesso ragionamento può essere valido per i “cartocci” di carta, le torte e i budini in bella mostra su eleganti alzate.
Tutto nell’arte di Armodio risuona di accenti culturali, di tecnica che affonda in una nobile antichità e coerenza, fedeltà ad uno stile entrato nel suo essere d’artista tanti anni addietro ed ancora oggi e per molti anni ancora, sarà il sigillo prezioso di un’artista che giunge dalle più lontane propaggini del tempo e proseguirà per giungere ad una meta da lui solo conosciuta.

Claudio Alessandri
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