SiciliaInformazioni
«Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui. »(Aristotele, Protreptico o Esortazione alla filosofia)
Detto da Aristotele, la filosofia sembra essere una condizione imprescindibile dell’uomo. Da quando esiste l’uomo, esiste la filosofia e giacchè l’uomo non è mai soddisfatto del suo sapere ed è sempre alla ricerca di soddisfare la sua inquietudine, ecco che in aiuto viene proprio il filosofo che altro non è che “l’amico del sapere”, colui che, essendo consapevole del proprio limite conoscitivo, si accompagna al sapere, sapendo di non poterlo possedere del tutto. Eppure oggi, questi concetti semplici e al contempo sostanziali, disorientano, confondono e allontanano l’uomo “comune” dal filosofo, visto dalla massa non tanto come “amico del sapere”, ma piuttosto come incognita irrisolvibile. “La figura del filosofo –ha scritto Mario De Pasquale in: “Studi di didattica teorica della filosofia- condivide qualcosa con la figura dell'intellettuale letterato costretto a guardare il mondo quotidiano, vivo di colori e di sensi, da dietro i vetri delle finestre, lontano dalla "danza della vita", quasi per necessità professionale distaccato per poter vedere il profondo delle cose, che coloro che sono inseriti nella corrente della vita non possono vedere".
Il problema oggi, soprattutto tra i giovani e nelle scuole, sembra quello di dare una nuova connotazione al concetto del filosofare, della trasmissione del sapere e del suo apprendimento. Se si pensa che oggi l’Italia è il paese in cui si insegna più filosofia, sorprende il fatto però che nelle classi di esame di abilitazione o di concorso all’insegnamento secondario, il nome “filosofia” è stato sostituito da quello più generico di “scienze umane”, cosi come ha denunciato Enrico Berti in “studi di didattica teorica della filosofia”.
Detto da Aristotele, la filosofia sembra essere una condizione imprescindibile dell’uomo. Da quando esiste l’uomo, esiste la filosofia e giacchè l’uomo non è mai soddisfatto del suo sapere ed è sempre alla ricerca di soddisfare la sua inquietudine, ecco che in aiuto viene proprio il filosofo che altro non è che “l’amico del sapere”, colui che, essendo consapevole del proprio limite conoscitivo, si accompagna al sapere, sapendo di non poterlo possedere del tutto. Eppure oggi, questi concetti semplici e al contempo sostanziali, disorientano, confondono e allontanano l’uomo “comune” dal filosofo, visto dalla massa non tanto come “amico del sapere”, ma piuttosto come incognita irrisolvibile. “La figura del filosofo –ha scritto Mario De Pasquale in: “Studi di didattica teorica della filosofia- condivide qualcosa con la figura dell'intellettuale letterato costretto a guardare il mondo quotidiano, vivo di colori e di sensi, da dietro i vetri delle finestre, lontano dalla "danza della vita", quasi per necessità professionale distaccato per poter vedere il profondo delle cose, che coloro che sono inseriti nella corrente della vita non possono vedere".
Il problema oggi, soprattutto tra i giovani e nelle scuole, sembra quello di dare una nuova connotazione al concetto del filosofare, della trasmissione del sapere e del suo apprendimento. Se si pensa che oggi l’Italia è il paese in cui si insegna più filosofia, sorprende il fatto però che nelle classi di esame di abilitazione o di concorso all’insegnamento secondario, il nome “filosofia” è stato sostituito da quello più generico di “scienze umane”, cosi come ha denunciato Enrico Berti in “studi di didattica teorica della filosofia”.
SiciliaInformazioni ha incontrato un filosofo e docente di filosofia, il professore PierLuigi D’Eredità.
Secondo la sua esperienza di docente, oggi i giovani, come accolgono la filosofia nella scuola?
Con interesse e meno scetticismo di quanto accadeva in passato perché ora hanno capito quanti guasti ha prodotto il pensare predeterminato.
Perché è importante insegnare loro la filosofia e perché non inserirla in tutti i corsi di studio?
Me lo chiedo anche io. Perché? L’unico piccolo ostacolo sarebbe la presunta limitata selezione lessicale della quale godrebbero gli studenti di altri corsi di studio ; ma è una volgarità. In effetti è sufficiente insegnar loro un buon lessico filosofico.
L’autore che, a suo avviso, viene meglio compreso dai giovani studenti?
Non lo so; direi che tutto sommato Socrate viene accettato in modo universale.
Quali sono gli scopi che la filosofia si prefigge?
La filosofia non si prefigge scopi perché corrisponde ad un libero esercizio del pensare. Se si prefiggesse scopi dovrebbe a sua volta ricorrere ad una ideologia predeterminata oppure ad un’”altra” filosofia…e così all’infinito.
Che differenza esiste tra il “pensare” ed il “filosofare”?
Il pensare in genere ha un oggetto proprio, la filosofia, no. Se il filosofare avesse un suo oggetto precostituito non sarebbe tale ma sarebbe una delle tante discipline cognitive.
Quanto è pericoloso entrare nelle viscere della filosofia?
Non ha viscere. Non ha un interno. Il suo interno consiste nella capacità di astrazione. Potremmo invece domandarci: “Quanto è pericoloso procedere in estremo con l’astrazione”? Risposta: molto. L’astrazione filosofica è l’astrazione in quanto tale. E’ distacco assoluto dai complementi oggetti. Dunque un procedere ad oltranza nella teoresi porta ad una relativizzazione dei processi definitori. Nulla in se’ vale per se’ ma solo in rapporto alla sua capacità di essere pensato. Come dire che il rischio è la nientificazione della non astrattibillità. Ciò che non è pensabile per se’ perde valore . Il che può anche portare a considerare il non pensabile con passività pura. A questo punto o si diventa religiosi e si pensa l’impensabile come termine adatto all’atto di pensare e dunque si parla di Dio, oppure si diventa scettici.
Se la filosofia è l’amore per il Sapere, chi non sa, non ama?
Amare il sapere non significa automaticamente sapere. Tendere a qualcosa non significa entrare in contatto con questo qualcosa. Io posso avere amato in gioventù una donna ma non per questo è stata la mia donna; dunque filosofare come amare il sapere non rende sapienti. Chi non sa non sa, che sia filosofo o non filosofo.
Secondo la sua esperienza di docente, oggi i giovani, come accolgono la filosofia nella scuola?
Con interesse e meno scetticismo di quanto accadeva in passato perché ora hanno capito quanti guasti ha prodotto il pensare predeterminato.
Perché è importante insegnare loro la filosofia e perché non inserirla in tutti i corsi di studio?
Me lo chiedo anche io. Perché? L’unico piccolo ostacolo sarebbe la presunta limitata selezione lessicale della quale godrebbero gli studenti di altri corsi di studio ; ma è una volgarità. In effetti è sufficiente insegnar loro un buon lessico filosofico.
L’autore che, a suo avviso, viene meglio compreso dai giovani studenti?
Non lo so; direi che tutto sommato Socrate viene accettato in modo universale.
Quali sono gli scopi che la filosofia si prefigge?
La filosofia non si prefigge scopi perché corrisponde ad un libero esercizio del pensare. Se si prefiggesse scopi dovrebbe a sua volta ricorrere ad una ideologia predeterminata oppure ad un’”altra” filosofia…e così all’infinito.
Che differenza esiste tra il “pensare” ed il “filosofare”?
Il pensare in genere ha un oggetto proprio, la filosofia, no. Se il filosofare avesse un suo oggetto precostituito non sarebbe tale ma sarebbe una delle tante discipline cognitive.
Quanto è pericoloso entrare nelle viscere della filosofia?
Non ha viscere. Non ha un interno. Il suo interno consiste nella capacità di astrazione. Potremmo invece domandarci: “Quanto è pericoloso procedere in estremo con l’astrazione”? Risposta: molto. L’astrazione filosofica è l’astrazione in quanto tale. E’ distacco assoluto dai complementi oggetti. Dunque un procedere ad oltranza nella teoresi porta ad una relativizzazione dei processi definitori. Nulla in se’ vale per se’ ma solo in rapporto alla sua capacità di essere pensato. Come dire che il rischio è la nientificazione della non astrattibillità. Ciò che non è pensabile per se’ perde valore . Il che può anche portare a considerare il non pensabile con passività pura. A questo punto o si diventa religiosi e si pensa l’impensabile come termine adatto all’atto di pensare e dunque si parla di Dio, oppure si diventa scettici.
Se la filosofia è l’amore per il Sapere, chi non sa, non ama?
Amare il sapere non significa automaticamente sapere. Tendere a qualcosa non significa entrare in contatto con questo qualcosa. Io posso avere amato in gioventù una donna ma non per questo è stata la mia donna; dunque filosofare come amare il sapere non rende sapienti. Chi non sa non sa, che sia filosofo o non filosofo.