viernes, 27 de marzo de 2009

Benvenuti sulla girandola di "Arturo e dintorni", l'opera prima dell'autore siciliano Vicenzo Rizzuto.


In un tempo non ben definito, in una Sicilia dai contorni sfumati, si susseguono le avventure di Arturo, sempre pronto a salire di corsa sui treni senza mai aver comprato il biglietto, e di una serie di personaggi che si affacciano, volenti o nolenti, nella sua vita e in quella dei suoi amici. Un piccolo paese fa da sfondo a questa girandola di storie, che si seguono e si intersecano in una serie di spirali, in cui il protagonista, e quindi il punto di vista, cambia vorticosamente. Ne nasce un colorato romanzo a più voci, in cui i personaggi reclamano prepotentemente il ruolo di protagonista, mettendo in primo piano la loro storia e la loro vicenda. Arturo e dintorni sembra un gioco di luci e di suoni in cui Vincenzo Rizzuto fa prendere corpo ai suoi ricordi, dando una forma sempre dinamica alle proprie esperienze, creando una trama fantasiosa in cui Arturo è solo il pretesto per raccontare cento altre storie, un filo che unisce tutte le molteplici storie narrate, guidato sempre da un forte umorismo e da una ferrea logica: “Il treno fuma; io fumo: io sono un treno”. Questo è Arturo.

L’AUTORE. Vincenzo Rizzuto è nato a Camporeale, piccolo centro agricolo in provincia di Palermo, il 12 febbraio 1947. Lì ha vissuto stabilmente con la famiglia fino all’età di 13 anni. Dal 1960 vive a Palermo, dove ha prima conseguito la maturità classica per poi laurearsi in Giurisprudenza. Per 30 anni, dal 1976 al 2006, ha lavorato come impiegato alla Sicilcassa, poi Banco di Sicilia. Arturo e dintorni è la sua prima pubblicazione.

IL BRANO. […] L’estate, come tutte le cose desiderate, era lenta ad arrivare, forse perché tanta era la voglia di togliersi l’umidità dalle ossa; ma una volta arrivata, sembrava non finire mai.Una volta, invece, l’estate non finì più davvero, e non piovve per tre anni.La gente di campagna era disperata.Un pomeriggio, improvvisamente, il cielo si oscurò e fu squarciato da lampi terrificanti, e l’aria squassata da tuoni che sembravano bombe.Le donne istintivamente tirarono fuori dal comò il quadro di Sant'Ignazio, e incominciarono a recitare la solita litania: “Tronu, tronu vatinni arrassu, chista è la casa di santu Gnaziu”, ma gli uomini glielo tolsero subito dalle mani a forza di bestemmie. Di pioggia, però, neppure uno sputo. Mentre le terre dei paesi vicini acqua non ne volevano più.Passuluni, al circolo, fece una riflessione ad alta voce: «‘U Patreternu all’avutri ci runa l’acqua, e ccà ni manna sulu lampi e trona!». […]